
Ricettacolo letterario a sfondo enogastronomico e viceversa.
A cura di Alberto Gross e Nicola Evangelisti e viceversa.
PER UN'INDIGESTIONE DI GIGLI

SHINTORI

Shintori
No.803 Julu Road | near Fumin Road, Shanghai
visitato il 31 dicembre 2016
Abbiamo visitato Shintori un numero indefinito di volte, incluso il 31 dicembre per una cena che non fosse un cenone, ma conservasse quella atmosfera di festa e di chic minimalista che caratterizza questo locale.
Shintori è un rinomato ristorante giapponese nell’ex concessione francese di Shanghai.
La cucina giapponese fusion, con le sue “ibridazioni” asiatiche è apprezzata tanto dagli occidentali quanto dai cinesi trendy, ma non gode troppo del favore dei puristi del sushi e del sashimi, specie se giapponesi doc.
Shintori nasce dall’idea di un ex professore di matematica taiwanese, anche proprietario dell’attiguo e popolare ristorante People 7, e dell’iconico negozio di ceramiche “Spin”. Matrice comune: minimalismo, eleganza e un tocco fusion: cinese ma non troppo, giapponese ma non troppo. Il giusto.
In un paese in cui tutto è ossessivamente illuminato da LED e neon, Shintori impone una non insegna: si accede semplicemente da un vialetto di bambu’, seminascosto e illuminato con discrezione da faretti a terra.
Entriamo in sala e i cuochi dalla cucina a vista gridano all’unisono un fragoroso “w-a-n-s-h-a-n-g” (buonasera in cinese).
L’enorme open space ricavato da un ex cinema ci avvolge in una penombra. Luci mirate su composizioni ikebana, bacche rosse, amarilli bianchi, rami di nocciolo, ceramiche raffinate. Chef all’opera con una gestualità calcolata tagliano pesce crudo, impastano ginger o riso bollito.
La regia delle luci è perfetta. Il servizio è preciso e competente, minimalista come il resto del locale.
Ci hanno colpito per morbidezza e delicatezza del sapore gli involtini di anatra alla pechinese (“Pecking duck rolls”), un piatto cinese, rivisitato in chiave minimalista giapponese.
Ottimi i “Californian Rolls”, un classico del sushi eseguito con precisione ed eleganza.
Consigliate anche le “Avocado and tuna nuggets”: crocchette fritte ripiene di avocado e tonno, allineate su un lungo e sottile piatto in ceramica. Très chic.
Per finire, vi potete orientare sulla “mousse al cioccolato”, servita in una colorata composizione geometrica combinata con spicchi di arancia e di dragon fruit o su un gelato al te verde, abbinato alla salsa Anko, una marmellata tipica giapponese di fagioli rossi Azuki, che - a sorpresa - ci è piaciuta.
Uscendo, il coro dei cuochi ci saluta e ringrazia gridando un fragoroso “xie xie” (“grazie” in cinese). Torneremo ancora.








