
Ricettacolo letterario a sfondo enogastronomico e viceversa.
A cura di Alberto Gross e Nicola Evangelisti e viceversa.
PER UN'INDIGESTIONE DI GIGLI

Scaccomatto

Esistono posti in cui, quando si torna, batte un poco il cuore – al principio – l'emozione è vera, i ricordi si assommano, riverberano stratificandosi e si moltiplicano, incedono lenti e incauti: è il caso – per noi – dello “Scaccomatto”, ristorante nel pieno centro storico di Bologna in cui veniamo accolti con la consueta, affabile cordialità, giustamente amicale, professionale e niente affatto affettata.
Ci lasciamo affascinare dall'incedere del menù, dimenticando di avere attorno troppi tavoli in relazione alla dimensione intima ed esclusiva del locale: il crudo di pesce è meraviglioso, condito il tanto che basta ad esaltarne il sapore, controllandone profumi, aspetto e consistenze.
Il cannolo di baccalà risulta – probabilmente – il piatto più sorprendente per semplicità e concretezza: cremoso, sapido, croccante, lievemente agrodolce, un gioiello intagliato con la maestria dell'artigiano unita all'estro dell'artista.
Si prosegue con l'intrigante sensualità di un piatto che conduce alla dolcezza, chiudendo gli antipasti, virando sulle note morbide di gambero, cavolfiore ed olio alla vaniglia: tre elementi uniti nell'ipotesi di un capolavoro.
Gli strozzapreti con vongole e cime di rapa sono forse i protagonisti dell'unico piatto meno convincente: la pasta è al limite della cottura e il condimento risulta – complessivamente – un poco slegato; tuttavia la salsa al mandarino è un tocco geniale che indica una strada, declina il gusto, conferisce un carattere, salvando – ad ogni buon conto – la resa finale dell'intera pietanza.
I ravioli pizzicati sono una parentesi di paradiso: forse omaggio all'esperienza trascorsa dallo chef nel nord dell'Italia – la nocciola ed il celeberrimo“plin” ad imprigionare il ripieno della pasta – rappresentano il paradigma di una cucina condotta e praticata con lo scopo di valorizzare la materia prima, esaltare le peculiarità preservandone l'essenza.
Il collo di daino – cotto a bassa temperatura per oltre due giorni – è un'autentica esplosione di sapori: al contatto con il palato la carne si scioglie liberando una succulenza profumata, speziata, eccellente nella sua mirabolante, progressiva setosità.
Niente più che discreta la degustazione di dolci, ma non saremo tanto banali dal confermare l'assodato assioma del grande cuoco che non sarà mai altrettanto pasticcere e viceversa.
Ca va sans dire...
La cantina presenta ricarichi leggermente robusti e forse si meriterebbe il dono di qualche etichetta che non troviamo: la Malvasia 2016 di Guerra Albano ha un piacevolissimo ingresso di erbe aromatiche, fresco e morbido assieme, con un finale di mandorla appena confettata; un vino capace di conversare ma, soprattutto, di ascoltare, accompagnando piacevolmente la serata senza volerne essere il protagonista. Nel medesimo solco – sostanzialmente – la Barbera d'Alba 2016 di Marco Porello: acidità controllata ( in relazione alla caratteristica varietale ) e grande facilità di beva, con un sospetto finale di anice, a nostro avviso perfetto sopra la scintillante anima del daino.
Insomma, Mario Ferrara – non lo abbiamo ancora citato ma è lui, da oltre trent'anni, ideatore, interprete ed artefice dello Scaccomatto– pratica una cucina franca, dai sapori netti e verticali, limpida nel gusto e nelle presentazioni.
Non più di tre o quattro ingredienti per ogni piatto sono sufficienti ad imbastire un racconto gastronomico dagli spunti sostanziali, concreti di una veridicità viva, con un piede piantato nella storia della terra e lo sguardo aperto verso il futuro del cielo.
Come diceva Orson Welles parlando di Fellini“...danza, sì, egli danza”!
SCACCOMATTO
via Broccaindosso, 63 40125 Bologna (BO)
visitato il 12 / 3 / 2018
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